In questi anni ho visitato parecchie volte la Repubblica Centrafricana per le esigenze della funzione che svolgo di responsabile del progetto sanitario DREAM della Comunità di Sant’Egidio. Ricordo i dati essenziali del Paese: grande due volte l’Italia, ha una popolazione di soli 5 milioni di abitanti; ex-colonia francese, dopo l’indipendenza ha avuto una storia turbolenta di colpi di Stato e regimi autoritari. Attualmente il Paese è governato dal presidente Faustin-Archange Touadéra, rieletto alla fine del 2020, ma una buona parte del territorio è ancora sotto il controllo di varie milizie.

Lento ritorno alla normalità

Pur rimanendo nella capitale Bangui, posso contare su informazioni riguardanti l’interno del Paese che ci forniscono il nostro personale sanitario e i nostri pazienti, che vengono dalle varie Provincie interne. Le mie impressioni sono abbastanza ottimiste. A parte i momenti critici di inizio gennaio, la capitale Bangui è sicura, è ben presidiata dalle forze armate, e la vita si svolge in una certa normalità. Anche nelle Provincie interne, le zone di Bouar, Bongassou e Berberati, dove tra dicembre e gennaio si sono vissuti episodi drammatici, la gente che viene nel nostro ospedale per le cure ci racconta che la popolazione è ritornata nelle proprie case, le attività riprendono, i mercati hanno riaperto, il personale delle Ong è ritornato.

Elezioni molto partecipate

La gente ha un grande anelito di pace. Già negli ultimi mesi del 2020 c’era stata una grande partecipazione nel registro elettorale, per votare nelle elezioni presidenziali e legislative del 27 dicembre. Anche semplici e umili cittadini hanno manifestato il loro desiderio di contribuire a un futuro di pace e normalità per il loro Paese. Bisogna riconoscere all’attuale presidente il suo atteggiamento dialogante con i capi delle milizie. Ha fatto dei tentativi per trasformare le fazioni armate in partiti che assumono il ruolo di opposizione politica e non armata. Il disarmo è un processo ancora solo agli inizi, ma avviato. Negli ultimi 10 anni è entrata nel Paese una quantità impressionante di armi. Molti centrafricani hanno impugnato un’arma come strumento per procurare da mangiare a sé e ai familiari. Ora bisogna offrire loro delle prospettive, delle alternative concrete, per permettere di pensare al loro futuro immediato.

Voglia di scuola

Da parte dei ragazzi e dei giovani c’è una voglia fortissima di andare a scuola e di studiare. I giovani hanno ben chiaro che il loro futuro può cambiare solo con l’istruzione. Non sognano di emigrare in Europa, ma di avere delle opportunità per formarsi qui nel loro Paese.

A Bangui c’è un fervore edilizio mai visto prima. Ad ogni angolo si apre un cantiere. Si è costruita la sede della Banca Centrale, e sta sorgendo il nuovo tribunale. Anche le ambasciate straniere vengono ricostruite. Ciò permette a tanti cittadini di avere uno stipendio, e di mettere i loro figli a scuola. Anche nella Chiesa c’è vitalità: i seminari diocesani e religiosi sono pieni, ci sono vescovi giovani e dinamici, le parrocchie sono luoghi vivaci. C’è un forte desiderio di religiosità e di sanare le ferite del passato.

Gabriella Bortolot, Progetto DREAM, Bangui

Foto: Agenzie dell’ONU