La via della santità di Teresa Chicaba: da schiava in Ghana a suora in Spagna. Dichiarata venerabile, ora attende di essere proclamata beata

La vita di santa Bakhita, la santa che fu schiava e poi divenne suora, è molto conosciuta: dalla sua biografia sono stati tratti film e persino romanzi.

Meno conosciuta è la vita di un’altra suora ex-schiava, che ha percorso lo stesso itinerario di s. Bakhita: è Teresa Chicaba, dichiarata dalla Chiesa venerabile, e in via di canonizzazione.

Teresa è nata nel sud del Ghana, in una famiglia che vantava ascendenze regali, intorno al 1676, da genitori di etnia Ewe.

All’età di 10 anni fu rapita nel suo villaggio da trafficanti di schiavi e venduta a mercanti spagnoli che la portarono come schiava nell’isola di São Tomé, per lavorare nelle piantagioni. Qui conobbe il cristianesimo, fu battezzata e le fu dato il nome di Teresa.

Era una ragazza molto sveglia e intelligente, e i suoi padroni la portarono in Spagna, a Siviglia, dove fu presentata al re Carlo II, che la diede come serva ai marchesi di Mancera.

Fu subito ben amata e rispettata dai padroni, ma dovette sopportare crudeltà e violenze da parte della servitù.

Il convento di Salamanca dove visse suor Teresa

All’età di 24 anni, il mercante di schiavi Juan Francisco le propose il matrimonio, ma ella rifiutò perché nel cuore aveva il desiderio di diventare suora. Nel 1704, dopo la morte del suo padrone, Teresa coronò il suo sogno ed entrò nel convento domenicano di La Penitencia del Terzo Ordine di Santa Maria Maddalena, a Salamanca, l’unico che accettava le ragazze di pelle nera. Dopo qualche anno emise i suoi voti e divenne suor Teresa Juliana di Santo Domingo.

Le furono affidati i lavori domestici e la cura dei malati, che svolgeva con molta diligenza e amore. Purtroppo molte consorelle diventarono però gelose di lei, e le procurarono molte umiliazioni.

Secondo le regole di quel tempo, in quanto nera doveva sopportare alcune discriminazioni: non poteva pregare nel coro come le altre suore, ma rimanere nell’atrio; mangiava non in refettorio, ma a parte; a lei erano riservati i lavori più pesanti.

Ma accettò tutto come prove che il Signore le inviava per fortificare le sue virtù. I suoi biografi infatti non si stancano di elogiare la sua pazienza e il suo coraggio verso tutti gi episodi di razzismo, e poi la perseveranza, l’umiltà, la carità verso tutti, la compassione e la fedeltà.

La popolazione di Salamanca vide subito in lei una presenza speciale di Dio: la gente semplice la cercava perché facesse delle preghiere sui loro malati, che miracolosamente guarivano; le persone le aprivano il cuore, per trovare consiglio e sollievo nelle sofferenze morali.

Alla sua morte la gente del popolo chiese alla Madre superiora qualche reliquia di suor Teresa: pezzi del suo abito religioso, grani del suo rosario, pagine dei libri che leggeva.

Queste reliquie ottennero molti miracoli, e la fama della sua santità si diffuse in tutta la Spagna.

Morì nel 1748.

Il giorno della sua memoria liturgica è il 6 dicembre.