Una pagina poco conosciuta della storia del Mediterraneo e delle relazioni tra europei e maghrebini: la città multietnica di Tabarca, fondata dai genovesi nel nord della Tunisia. Il professor Fiorenzo Toso ne ricostruisce l’origine e segue l’evoluzione della sua popolazione, ancora oggi esistente e trapiantata in Sardegna.
Il 24 gennaio 1498, il genovese Agostino Adorno, all’epoca governatore della Repubblica di Genova, allora sotto la Signoria di Ludovico il Moro, Duca di Milano, si rivolgeva al re di Tunisi, per chiedere la liberazione di un suo connazionale, Pietro Paolo Fieschi. Ecco una testimonianza antica e notevole, dei rapporti tra Genova e la Tunisia.
Ma i rapporti tra Genova e Tunisi sono più antichi: già il 18 ottobre 1250 si era firmata la prima convenzione per l’esportazione dell’allume, un cristallo di sale e potassio che era usato nel processo di tintura della lana, dalla Tunisia verso Genova.
Nel ‘400, prima dell’occupazione turca della Tunisia, le relazioni commerciali tra questo Paese e Genova erano intensissime. Un aneddoto: quando il navigatore portoghese Vasco de Gama arriva in India nel 1502, riesce a comunicare con gli abitanti di Calicut, perché lì trova dei tunisini che sapevano parlare genovese.
Fondazione di Tabarca e espulsione dei genovesi
Nel 1542 i genovesi fondarono la città di Tabarca, su un isoletta del nord tunisino poco lontano dalla costa, prossima al confine con l’attuale Algeria. Erano andati lì per sfruttare i depositi di corallo lungo le vicine coste.
Per duecento anni continuarono molto intensi i rapporti tra tunisini e genovesi, finché nel 1738 questi ultimi furono espulsi, e andarono ad abitare in Sardegna, sulle isole di San Pietro e Sant’Antioco, dove fondarono Carloforte e Calasetta.
Ma una parte dei genovesi continuò a risiedere a Tabarca, e diede vita a una comunità di mercanti, che commerciavano con Tunisi e altre località, come Biserta. Insieme agli ebrei di Livorno, pure loro molto attivi in Tunisia, questa comunità sarà il tramite tra la cultura europea e la cultura araba.
La comunità tabarchina sfornerà delle figure importanti nella politica della Tunisia del tempo. Per esempio, il re Ahmed I, grande sovrano riformatore, esponente della famiglia beylicale tunisina, scelse come primo ministro il genovese tabarchino Giuseppe Maria Raffo, mercante e cristiano.
All’epoca esisteva la tolleranza religiosa, e i tentativi della Tunisia di uscire dalla sua realtà ristretta per aprirsi verso l’Europa e il mondo sono favoriti da questo ceto imprenditoriale tabarchino e genovese.
Un capitolo a parte è la lingua che si parlava a Tabarca nei secoli di permanenza dei genovesi, e che è poi stata portata a Carloforte e Calasetta. Oggi coloro che parlano il tabarchino sono circa 10.000, non solo nelle due isole si S. Pietro e S. Antioco, ma anche a Cagliari, Iglesias e altre località della Sardegna, dove esistono nuclei abbastanza compatti di tabarchini.
La lingua parlata a Tabarca
Il tabarchino, nella sua origine, è il genovese trasferito in Tunisia, e poi portato in Sardegna. Ma contiene molte parole arabe, come facussa, una specie di zucchino coltivato soltanto in Tunisia e nell’isola di S. Pietro. oppure la parola cascà, che è il cuscus, però pronunciato alla tunisina.
Non è una lingua arcaica, remota, è una lingua recente, che ha mantenuto le proprie radici culturali con Genova, da cui provenivano i tabarchini.
E sulla provenienza dei tabarchini, si può fare un discorso interesante. Una parte molto significativa certamente proveniva da Pegli, quartiere del ponente di Genova. Quando si parla di Tabarca oggi, si pensa essenzialmente a Pegli. Ma quando sono state ricostruite le origine dei coloni tabarchini, si è visto che i cognomi ne rivelavano una provenienza più varia. Tantissimi erano originari della Valpolcevera, alcuni di Arenzano, altri di Sampierdarena.
A Tabarca, in origine, i genovesi vi sono andati per pescare il corallo. Ma presto la città diventa un luogo di commercio, di traffici navali, a volte anche illegali. Il mondo arabo e il mondo cristiano in quei secoli vivevano grandi conflitti, ma il fatto di essere un luogo in cui i commerci erano intensi, attraeva a Tabarca gente da tutto il Mediterraneo.
La Nazione tabarchina, così veniva definita, era costituita da gente molto eterogenea.
Da un’intervista realizzata da Mayela Barrgán a Fiorenzo Toso,
apparsa sul Corriere di Tunisi, n. 199, maggio 2020, da cui sono tratte anche le foto