Una guerra civile ignorata dal mondo, che ha già provocato migliaia di morti e centinaia di migliaia di rifugiati. È quella che insanguina il Tigray, la regione più a nord dell’Etiopia. Un conflitto che dal novembre 2020 oppone il partito regionale, TPLF, al governo federale del presidente Abiy Ahmed. La situazione umanitaria è catastrofica: a dirlo è p. Mussie Zerai Yosief, coordinatore europeo per i cattolici eritrei. Vi proponiamo la sua testimonianza.
La situazione è gravissima sul piano umanitario, perché la gente sta soffrendo la fame. Tante infrastrutture sono state distrutte. I movimenti da una località all’altra non sono facili. Gli aiuti umanitari non riescono a raggiungere la popolazione.
In più c’è il problema del covid, che colpisce anche qui nel Tigray. Ma gli ospedali sono stati danneggiati nei combattimenti e non ci sono medicinali: i malati non hanno la minima assistenza sanitaria.
E poi c’è la carestia, la mancanza di cibo: oltre alla guerra, un’invasione di cavallette ha devastato il poco raccolto che ancora i contadini erano riusciti a coltivare.
È una vera catastrofe umanitaria: centinaia di migliaia di persone sono a rischio.
Non è ancora stato dichiarato un cessate-il-fuoco, e quindi si continua a sparare, si continua a uccidere e a morire. Notizie che trapelano a fatica parlano di massacri che continuano ad essere perpetrati: una situazione gravissima.
Per questo ci appelliamo ai missionari: continuate a raccogliere informazioni su ciò che accade nel Tigray, informate l’opinione pubblica con i vostri mezzi di comunicazione.
Sollecitate la Santa Sede, affinché grazie alla sua rete diplomatica faccia pressione sulla comunità internazionale. Che questa intervenga in modo più energico per mettere fine a questa situazione.
Gli Stati Uniti hanno imposto delle sanzioni al governo etiopico, ma ciò non è sufficiente, bisogna pretendere che si fermi il massacro della popolazione civile.
Che si aprano dei corridoi umanitari e che vengano sbloccati i convogli di gli aiuti che attendono alle frontiere della regione del Tigray.
La popolazione civile non ha nessuna colpa in questo conflitto: non deve pagare le colpe di qualche partito o del governo federale. È la popolazione più vulnerabile che sta pagando il prezzo più alto di questa crisi: donne, vecchi, bambini.
La comunità internazionale deve istituire una commissione indipendente di inchiesta, che indaghi su quello che è successo in questi mesi nella regione del Tigray.
Deve essere chiarito chi ha fatto cosa, e perché l’ha fatto. Che i colpevoli rispondano di fronte alla legge del diritto internazionale dei crimini commessi: stupri, abusi, torture, distruzione arbitraria e gratuita di tanti beni costruiti con anni e anni di lavoro e sacrificio.
Gli sforzi della popolazione di costruire un futuro con il proprio lavoro sono andati distrutti, e siamo tornati all’anno zero.
p. Mussie Zerai Yosief,
coordinatore europeo per i cattolici eritrei
Foto: UNHCR; Deutsche Welle/Maria Gerth-Niculescu; WFP; Wikipedia
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Un nostro precedente articolo sul conflitto nel Tigray
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