La figura di Toussaint Louverture è emblematica a livello non soltanto storico. Da discendente di schiavi ed egli stesso schiavo è considerato il padre dell’indipendenza di Haiti, all’epoca colonia francese.
Vogliamo ricordarlo in occasione della Giornata mondiale per l’abolizione della schiavitù, che si celebra il 2 dicembre. In questa stessa data, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato la Convenzione sulla soppressione del traffico di persone e lo sfruttamento della prostituzione altrui (risoluzione 317 – IV) del 2 dicembre 1949).
Toussaint Louverture, verso l’indipendenza di Haiti
Toussaint Louverture nacque nel 1743 a Saint-Domingue (oggi Haiti) facente parte dell’isola di Hispaniola. Secondo fonti non certe, la sua famiglia sarebbe stata originaria dell’allora Dahomey (l’attuale Benin). A differenza di altri schiavi, Toussaint Louverture, che nacque nella piantagione dei Bréda, imparò a leggere e a scrivere. Inoltre, grazie al contatto con i gesuiti ebbe modo di familiarizzarsi anche con nozioni in campo medico. Nel 1776 – grazie agli influssi della Dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti – venne ufficialmente affrancato e divenne così uomo libero. Ma la condizione schiavistica di altri individui portò una serie di sommosse, che si trasformarono nella famosa rivoluzione haitiana, tra il 1791 e il 1802.
Toussaint Louverture combatté contro Francia, Spagna e Gran Bretagna. Di lui, l’intellettuale Aimé Césaire scrisse nel libro La Révolution française et le problème colonial: “Quando Toussaint Louverture fece la sua comparsa sulla scena storica, fu per rendere concreta la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo proclamata dalla Rivoluzione. Incarnò e circostanziò i princìpi della Rivoluzione. Poiché la legge era stata varata in modo astratto, bisognava farla arrivare […] a tutti i popoli (sebbene in realtà i diritti dell’uomo spesso si siano ridotti a essere ridotti diritti dell’uomo europeo)”.
Toussaint Louverture si schierò a fianco della Repubblica abolizionista e dopo una serie di promozioni in campo militare divenne governatore dell’isola di Saint-Domingue, pur mantenendo ancora legami con Parigi. Legami che si spezzarono definitivamente quando Toussaint Louverture riuscì a oltrepassare la frontiera dell’isola entrando nella parte spagnola con il suo esercito: con quell’azione decretò l’abolizione della schiavitù nell’intera isola. La reazione francese fu sprezzante e ambigua. L’arrivo sull’isola dell’esercito francese guidato da Leclerc e inviato da Napoleone Bonaparte volle mettere fine all’opera di emancipazione dell’isola da parte di Toussaint Louverture. Nel 1802 l’ex schiavo divenuto rivoluzionario venne arrestato per tradimento e deportato al forte di Joux. Per i francesi e per Napoleone era “il negro Toussaint”. Venne trattato con disprezzo.
Toussaint Louverture morì il 7 aprile 1803. Prima di morire pronunciò queste celebri parole: “Rovesciandomi avete abbattuto a Santo Domingo solo il tronco dell’albero della libertà dei neri; ma esso risorgerà dalle radici, perché sono profonde e numerose”.
Il 1° settembre 1804 l’isola di Haiti venne proclamata indipendente.
Nuove forme di schiavitù
La giornata del 2 dicembre non è solo l’occasione per ricordare quella fase storica in cui si è preso coscienza dell’importanza di abolire la disumana e illiberale pratica della schiavitù. È una data importante perché ci fa riflettere sulle attuali forme di schiavitù. E osservando numerose e differenti situazioni ne possiamo purtroppo intravedere molte: dalla tratta di donne, bambini e uomini allo sfruttamento sessuale, al lavoro minorile al reclutamento forzato di bambini nei conflitti armati, sino alla tradizionale usanza imposta a tante bambine nel mondo dei matrimoni combinati.
Nel 1789, il 26 agosto a Parigi venne promulgata la Dichiarazione dei Diritti dell’uomo e del Cittadino. Nel I Articolo di questo fondamentale documento si legge: “Gli uomini nascono e rimangono liberi e uguali nei diritti”.
Se analizziamo la situazione di varie nazioni e continenti occorre denunciare come il concetto e la pratica schiavistica sopravviva, sebbene in forme diverse rispetto a quelle del passato. Secondo il recente rapporto Global Slavery Index, redatto dall’Ong australiana Walk Free Foundation e che considera dati tra il 2016 e il 2018, circa 9 milioni di persone (donne, bambini e uomini) sperimentano in Africa una condizione di schiavitù.
Tra le nuove forme di schiavitù drammaticamente più diffuse nel continente africano vi sono: la pratica dei matrimoni forzati; e l’alto tasso di lavoro coatto. Secondo l’Ong australiana Walk Free Foundation, le moderne forme di schiavitù sono ampiamente diffuse in Eritrea, Burundi, Nella Repubblica Centrafricana, in Mauritania, nel Sud Sudan e in Somalia.
Nuovi schiavi sono anche i migranti – rifugiati, richiedenti asilo e irregolari – che rischiano di essere sfruttati, o lo sono già, da caporali (come i braccianti); persone che vengono spesso umiliate e private della loro dignità e umanità. Occorre ancora lavorare e agire seriamente affinché i princìpi promulgati nella Dichiarazione dei Diritti dell’uomo e del Cittadino siano finalmente trasposti nella realtà.
Silvia C. Turrin
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