L’attore, comico e scrittore Trevor Noah è nato il 20 febbraio del 1984 in Sudafrica, negli ultimi anni di regime di segregazione razziale dell’apartheid, da Patricia Nombuyiselo, nera di etnia xhosa, e da padre svizzero tedesco, bianco.
“L’idea geniale dell’apartheid consisteva nel convincere la maggioranza schiacciante della popolazione a prendersela gli uni con gli altri. Odio a parte, si riduceva a questo: suddividere le persone in gruppi e fare in modo che queste si odiassero, rendendo possibile controllarle tutte”(da Nato fuori legge, p.9).
Trevor Noah è poliglotta, parla inglese, tedesco, xhosa, sotho, zulu e afrikaans. La sua carriera di comico e attore lo ha portato dal Sudafrica agli schermi americani, dove conduce dal 2015 il Daily Show, seguito da milioni di telespettatori in tutto il mondo.
Il suo primo libro, Nato fuori legge. Storia di un’infanzia sudafricana (Ponte alle Grazie, 2019) è una straordinaria autobiografia, ironica e intelligente, è il racconto di chi come lui è nato colored, né bianco né nero, durante l’apartheid, un’anomalia intollerabile per il rigido sistema razziale sudafricano e destinato quindi a un’esistenza ‘fuori legge’.
“Quella di Trevor Noah è la storia di un bambino che vuole sentirsi autorizzato ad esistere, di un ragazzo che usa la lingua contro il razzismo, di un adulto che interroga il passato per amare il presente”.
E Trevor se la sa cavare splendidamente perché la sua difficile infanzia – che sa raccontare con i tempi perfetti di un comico – è spericolata e indimenticabile, ed è “orchestrata da una madre più potente del tuono: Patricia Nombuyiselo Noah, un magma di contraddizioni stupendamente africane. È bigotta e ribelle, severa e anticonformista, e soprattutto ha fiducia nel fatto che tutto è possibile, di qualsiasi colore sia la tua pelle: l’importante è andare a scuola, imparare l’inglese, fare quello che si pensa sia giusto e rifiutare le leggi sbagliate e illogiche inventate dagli uomini.”
Ragazzino impacciato , poi esperto di pirateria musicale e organizzatore di feste clandestine nelle townships di Johannesburg, Trevor ripercorre la sua vita senza moralismi, sempre con un’irresistibile ironia che lo affranca dal ruolo di vittima e rende il suo racconto più forte di qualsiasi denuncia. “Perchè insegnare cose da bianchi a un bambino nero? Ripetevano ossessivi i vicini e parenti a mia madre. Perché? Perché fargli vedere il mondo quando lui non potrà mai uscire dal ghetto? Perchè così – rispondeva lei – anche se non ne uscirà mai, saprà che il ghetto non è il mondo. Se riesco a fargli capire questo, è già abbastanza”.
Trevor non teorizza nulla, mostra se stesso. La sua mescolanza razziale sfida l’ingiustizia del sistema e ne mette in luce l’insostenibilità e l’incoerenza.
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A cura di Maria Ludovica Piombino
Biblioteca Africana Borghero
Foto:pagina facebook dell’autore