La Tunisia è ormai entrata nella spirale dei paesi africani gestiti da istituzioni autoritarie. Non solo gli oppositori politici dell’attuale Presidente Kaïs Saïed sono stati arrestati, ma si assiste anche a un fenomeno sempre più diffuso contro i migranti di origine sub-sahariana. Dopo Libia ed Egitto, anche la Tunisia ha cancellato gli slanci di rinnovamento emersi durante la cosiddetta “Primavera araba” e sta spalancando le porte all’autoritarismo.
Febbraio 2023: Kaïs Saïed pronuncia parole, poi fortemente criticate da più parti, contro i migranti clandestini provenienti dall’Africa sub-sahariana. Saïed, dopo averli definiti “orde” d’immigrati, ha affermato che la loro presenza in Tunisia è motivo di “violenza e di crimini”. Oltre a ciò, ha aggiunto che a suo avviso è in atto un tentativo di “cambiare la composizione demografica del Paese”.
Queste affermazioni hanno scatenato polemiche e critiche sia all’interno, sia al di fuori dei confini tunisini e africani. Tra le prime reazioni di sdegno vi è stata quella di Louise Mushikiwabo, segretaria generale della Francofonia, ruandese, che ha lavorato anche in Tunisia. Pochi mesi prima, Saïed e Mushikiwabo avevano presieduto insieme a Djerba la riunione dei paesi francofoni.
Nella capitale Tunisi, alcuni giorni dopo il famigerato discorso di Saïed, si sono raccolti centinaia di manifestanti. Tra gli slogan delle proteste: “Abbasso il fascismo, la Tunisia è una terra africana”. “Solidarietà con i migranti sans papiers” (N.d.A. “senza documenti, quindi irregolari”). Alla manifestazione di protesta hanno preso parte semplici cittadini, artisti, esponenti di ONG e di associazioni contro il razzismo.
Parole di sdegno verso il discorso di Saïed le hanno pronunciate anche il Presidente della commissione dell’Unione Africana, Moussa Faki Mahamat, e Heba Morayef, direttrice di Amnesty International per il Medio Oriente e l’Africa del Nord, che ha espresso il suo disappunto affermando:
“Il presidente Saïed deve ritrattare le sue parole e ordinare indagini per dare il chiaro segnale che la violenza razzista contro i neri africani non sarà tollerata. Deve smetterla di cercare capri espiatori per i problemi economici e politici del paese. La comunità dei migranti neri africani ha il terrore di subire arresti arbitrari o espulsioni sommarie”. Heba Morayef
Saïed ha cercato di smussare i toni, ma la situazione socio-politica interna alla Tunisia rimane fragile. A seguito del suo discorso reazionario, molti immigrati dell’Africa sub-sahariana presenti nel paese sono stati aggrediti. Da qui, la fuga dal paese di centinaia di persone, originarie soprattutto del Mali e della Costa d’Avorio, che hanno richiesto il loro rimpatrio alle rispettive ambasciate. Sono persone – lavoratori e studenti (quindi non migranti irregolari) – che non si sentono più sicure in Tunisia e che percepiscono un forte clima razzista in tutta la nazione.
Arresti arbitrari contro gli oppositori
L’autoritarismo colpisce anche all’interno del business e della cultura tunisina. A subirla gli oppositori di Saïed, arrestati con l’accusa di complotto contro la sicurezza nazionale. Tra loro ci sono varie figure: politici, ex ministri, uomini d’affari e persino il direttore di Mosaïque FM, l’emittente indipendente tunisina più seguita. Una campagna di arresti pilotati contro chi si oppone all’autoritarismo di Saïed. All’inizio di marzo, numerosi cittadini hanno manifestato contro questi arresti arbitrari.
Tutto questo fa seguito a un’involuzione politico-istituzionale avviata già nel 2022, con l’approvazione di una nuova Costituzione, entrata in vigore nell’agosto di un anno fa. Una Costituzione criticata da varie realtà sociali, voluta per mettere un freno alle istanze di cambiamento emerse nel corso della Rivoluzione dei Gelsomini (2010-2011). Rivoluzione che aveva portato alla destituzione del vecchio Presidente della Tunisia Zine El-Abidine Ben Ali.
“È molto preoccupante che la Tunisia abbia adottato una nuova Costituzione che compromette i diritti umani e mette in pericolo i progressi fatti dalla rivoluzione del 2011” – aveva dichiarato Heba Morayef, direttrice per il Medio Oriente e l’Africa del Nord di Amnesty International. “Il nuovo testo costituzionale smantella molte garanzie sull’indipendenza del potere giudiziario, cessa di tutelare i civili dai processi in corte marziale e garantisce alle autorità il potere di limitare l’esercizio dei diritti umani o di rinnegare gli obblighi internazionali in nome della religione”.
Vedremo se la nuova ondata di indignazione nel paese porterà ancora migliaia di cittadini in piazza – come ai tempi della Rivoluzione dei Gelsomini – per reclamare una Tunisia non più succube di poteri autoritari.
Silvia C. Turrin
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