“Sono un medico di base. Ho esercitato fino al 2012 nel paese di Fubine, 1700 abitanti in provincia di Alessandria e diocesi di Casale Monferrato”, così si presenta Pino Di Menza, con voce pacata e un atteggiamento che mette subito a proprio agio. “La mia avventura in Africa con l’Associazione Abbraccio è nata da una tragedia: la morte in incidente stradale di mio figlio, a soli 21 anni”. La rielaborazione del lutto non è stata cosa facile, ma vicini c’erano gli amici del figlio che volevano tenerne viva la memoria attraverso dei gesti solidali, come l’acquisto di un ambulanza e hanno circondato i due genitori con la presenza continua e tanto affetto.
“Abbiamo creato un’associazione come risposta concreta alla domanda di senso da dare all’esistenza, che la morte di un giovane pone immancabilmente se solo se ne vuole prendere atto. E il nome che abbiamo scelto esprime la scelta e la direzione da dare per i percorsi delle nostre vite: l’Abbraccio, cioè intimità, condivisione, apertura gli uni agli altri”.
Un abbraccio reciproco, per consolarsi nel dolore e ricostruire nella speranza. Ma un abbraccio rivolto anche agli altri, ai poveri, ai bisognosi e possibilmente a 360 gradi! “A vent’anni avevo fatto una breve esperienza in Burundi, e l’Africa non la togli mai dal cuore. Abbiamo così deciso di fare qualcosa insieme, come associazione, per i poveri dell’Africa mettendo come presupposto una collaborazione stretta tra noi quassù e loro i direttamente interessati. Ma dove e come? Ci ha aiutato il direttore dell’Ufficio missionario della nostra diocesi, che in quegli anni sosteneva don Franco Cipriani, missionario Fdei Donum, e le suore di Nostra Signora di Lourdes, nella missione di Sokponta. in Benin.”
Nascono così poco a poco dei progetti rispettando una direzione che avevano scelta: i bambini e i loro bisogni. La costruzione della scuola elementare, poi di un collegio, e poi ancora l’Ospedale. E qui Pino trova la sua specialità e si butta anima e corpo per dare vita al polo pediatrico che oggi è diventato il più avanzato di tutto il Benin. Iniziato con la sola pediatria generale, laboratorio, radiologia anno dopo anno il Centro Pediatrico si arricchisce di nuove strutture: la neonatologia, la chirurgia pediatrica.
Un’azienda agricola è in via di espansione con lo scopo di poter in seguito commercializzarne i prodotti per portare reddito utile al mantenimento dell’ospedale.
L’ultimo, per ora, progetto a cui si sta lavorando è un programma nutrizionale che copre sia il cibo da distribuire ai bambini ricoverati in ospedale, sia l’identificazione e l’entità del problema della malnutrizione, sia il seguire i bambini dimessi per arrivare alla piena efficacia dell’intervento sulla denutrizione e malnutrizione decisamente importante in Benin.
Con il suo entusiasmo Pino catalizza l’interesse di centinaia di persone, che sostengono finanziariamente il progetto, e che spesso lo accompagnano nei suoi viaggi in Benin.
E nel tempo l’Associazione Abbraccio costruisce una rete di collaborazioni che garantiscono una certa sostenibilità al progetto. Le congregazioni di suore che vi operano ora sono due: Figlie di Nostra Signora di Lourdes, le principali partners, e le Suore degli Angeli. E c’è l’apporto di altre associazioni italiane, tra cui Minerva di Genova, che cura la formazione del personale incaricato della gestione, la sensibilizzazione della popolazione, la messa in opera di strutture come utili strumenti per una sviluppo di comunità. Tra queste ultime un centro giovani a cui rivolgersi, sia per la soluzione di abbandoni scolastici (soprattutto delle ragazze ), sia per l’informazione e la formazione di una maternità e di una paternità responsabile, sia infine per una sensibilizzazione e prevenzione della malnutrizione e delle gravidanze a rischi.
Poi ci sono le istituzioni locali e il Ministero beninese della Salute che fanno la loro parte. È da sottolineare, a questo proposito, il continuo sostegno avuto dal Consolato del Benin in Italia prima impersonato dalla dr.ssa Badinotti Maria Luisa e poi, e tuttora in stretta collaborazione, dal Console Prof. Valentino Del Grande a cui vanno naturalmente gratitudine e ringraziamenti.
Non da ultima la diocesi, che da qualche anno è diretta da un missionario SMA, il beninese Mons. François Gnonhossou. Il vescovo insiste affinché quest’opera non sia percepita dalla popolazione come un bel dono ricevuto dall’alto, ma diventi un patrimonio da curare, mantenere e trasmettere alle nuove generazioni. Ecco allora l’insistenza sulla prevenzione, sull’educazione sanitaria da impartire nelle scuole, sulla presa a carico delle spese da parte di tutti attraverso il pagamento di un piccolo ticket e l’adesione al programma nazionale di assicurazione medica.
“Confesso che tante volte mi sono sentito un po’ in preoccupato – si confida Pino. Quando si è in tanti non sempre è facile trovare l’unanimità sui metodi. Ma io ho il carattere del caterpillar. E la fede è stata sempre per me un salvagente. Quando hai l’acqua alla gola, c’è un Altro che ti tira fuori dai guai. In tutti questi anni ho sperimentato che noi crediamo di fare chissà che cosa, ma la “regia” è sempre di un Altro, e noi siamo solo i manovali. Questo progetto che stiamo realizzando in Benin mi mantiene in relazione con quel mio figlio che ho perso tanti anni fa. Vivo come se il tempo si dilatasse, si estendesse verso quella dimensione in cui lui è ora. E aspetto serenamente il momento di ricongiungermi con lui”.