Mauro Armanino, questo è il suo nome, è arrivato in Niger nell’aprile 2011 come missionario della Chiesa cattolica. Superati i 69 anni, italiano, è molto coinvolto nelle questioni di migrazione. Dirige un servizio cattolico che ha fatto dell’assistenza ai migranti il suo lavoro quotidiano. Il servizio di Mauro accoglie, orienta e assiste i migranti in difficoltà di passaggio in Niger. Accompagna anche coloro che desiderano tornare a casa quando hanno fallito il percorso migratorio. L’Éclosion ha incontrato Mauro Armanino per parlare delle persone in mobilità

L’Éclosion: Signor Mauro Armanino, lei è uno dei principali attori della migrazione qui in Niger: secondo lei cosa è la migrazione?

Mauro Armanino: La migrazione è, di fatto, quello che alcuni antropologi hanno definito un fatto totale, nel senso che assume tutte le dimensioni della vita e di una società. Per questo non è un caso che quando si parla di migrazione, si mescolano insieme economia, politica, sociologia e antropologia, perché la migrazione è un fatto sociale totale.

E quindi direi che la migrazione è un fatto che esiste da quando esiste il mondo. E sappiamo, secondo gli studi più avanzati e riconosciuti, che il nostro mondo è stato popolato a partire dall’Africa. In sintesi, abbiamo avuto il primo insediamento umano in Africa, ed è da lì che gli umani sono migrati altrove alla ricerca di altri orizzonti.

La migrazione è esattamente questo. La migrazione è l’Uomo, è l’umanità che cerca di andare oltre la prima frontiera, quella a cui Dio o il destino la porta.

L’Éclosion: Allora, come vanno le migrazioni oggi in Niger, soprattutto con l’adozione della legge 036-2015, che criminalizza il traffico illecito di migranti?

Mauro Armanino: Per capire questo, dobbiamo prima ricordare che nel Sahara e nel Sahel, abbiamo avuto centinaia di anni di migrazioni. Quindi, in realtà, era un fenomeno ben noto. L’Africa non è mai stata un continente statico e immobile, e noi lo sappiamo bene.

Anche il Niger ha avuto una tradizione di migrazione verso la costa, per esempio la costa atlantica, e forse anche altrove, verso il Nord Africa, in particolare l’Algeria e poi la Libia prima che la Libia fosse distrutta nel 2011 per ragioni geopolitiche.

E per quanto riguarda l’Unione Europea, da almeno trent’anni, le sue politiche vanno nella stessa direzione. Quella dell’esternalizzazione delle frontiere e dell’appalto delle frontiere esterne. Che sia verso la Mauritania o il Marocco, verso l’Algeria e la Tunisia a modo loro, o la Libia, anche il Niger è diventato, per forza di cose o per forza di denaro o per entrambi, l’avamposto dell’Unione Europea.

Tuttavia, quando sono arrivato qui nel 2011, parlando di migranti, la gente mi guardava con occhi spalancati, diceva: ma di chi stai parlando? All’inizio si parlava di “esodanti”, poi di avventurieri, poi si è passati alla parola “migranti”. Poi abbiamo introdotto la parola “clandestino”, che qui non esisteva.

Chi è un “clandestino”? Ma tutti noi, senza eccezione! Dipende solo da chi ha la forza politica di dichiarare qualcuno come clandestino. Poi siamo diventati “irregolari”, “illegali” e ora siamo “criminali”. Questo è stato il processo a cui ho assistito dopo 10 anni qui in Niger. E così, quando molti migranti passavano e ritornavano con le loro esperienze migratorie – a volte fallite – non c’era questa colorazione negativa che criminalizza il migrante. Oggi, è molto diverso.

L’Éclosion: Questo si riflette nelle cifre, per esempio  prima della legge che criminalizza il traffico di migranti. Ha delle cifre pubblicate sul numero di migranti che transitano per il Niger ieri e oggi?

Mauro Armanino: Sì, anche le cifre, come sappiamo, sono politicizzate, ognuno ci mette del suo. Prima, l’OIM (Organizzazione Internazionale delle Migrazioni)  non era un membro delle Nazioni Unite, ma lavorava principalmente con progetti di donatori. Naturalmente, l’OIM doveva rispondere alle ingiunzioni dei donatori. E la sua politica – molto bella in teoria – parla di vincente-vincente. Ma ci si può chiedere: chi è più vincente più degli altri? e in questo caso, chi sono i veri vincenti?

Sono proprio quelli che fanno il business della migrazione ad essere i grandi vincenti. E gli altri, non so se vincono davvero, perché molti migranti sono in fuga nel deserto, cercando di trovare altre strade dopo che la strada principale è stata bloccata.

Prima, quando sono arrivato in Niger, c’erano processioni di migranti che andavano in Libia. Ora, chi può immaginare cose simili? La Libia è diventata un luogo infernale con persone che sono lì per approfittare dei migranti, che sono anche sostenuti dall’Unione Europea, che paga anche la guardia costiera libica per impedire che la gente cerchi di salvarsi in altri modi. E qui, bloccano le persone e le consegnano direttamente all’OIM. Ovviamente, ci sono meno persone, noi stessi lo abbiamo visto nel nostro servizio migranti, ci sono state molte persone che sono scomparse, sono state bloccate o mandate all’OIM.

L’Éclosion: Nel frattempo è arrivato il covid-19: anche questo ha ridotto il flusso di migranti?

Mauro Armanino: Ha avuto un impatto profondo in diversi modi. Da un lato, perché si sono chiuse frontiere. La gente passava, ma a proprio rischio e pericolo, e pagando anche un prezzo più alto. In secondo luogo, ha avuto un impatto sul settore umanitario, perché le azioni umanitarie sono state bloccate per molto tempo e questo ha causato una saturazione quasi ovunque. Sia l’OIM, colpendo i migranti, sia l’UNHCR (Alto Commissariato dell’Onu per i rifugiati) colpendo gli altri.

E in terzo luogo, c’è stata una forte diminuzione dovuta all’aumento dei controlli a causa della pandemia. Ma si è davvero fermato il flusso migratorio? No, non si è mai fermato! Ovviamente esso continua in proporzioni ridotte, ma continua lo stesso!

L’Éclosion: Come spiega che nonostante tutte queste barriere, le frontiere europee che sono state “spostate”, la pandemia di covid-19, la legge 036-2015, nonostante tutto questo, la gente continua a venire in Niger, per poi  traversare il deserto?

Mauro Armanino: Questa è una buona domanda che ci facciamo noi stessi. Vorrei raccontare quello che mi ha detto un migrante di ritorno dall’Algeria, un guineano, quando l’ho accompagnato a una compagnia di trasporto passeggeri per tornare al suo paese: “È meglio stare in prigione in Europa, piuttosto che liberi in Africa”, mi ha detto. Voleva dire che siamo consapevoli dei rischi che corriamo, ma vivere qui, per noi, è ormai impossibile.

Naturalmente è una scelta personale. Questo desiderio che abbiamo in quanto esseri umani di cercare altri orizzonti, tutto si mescola.

Ho parlato recentemente e credo che abbiate pubblicato quello che ho scritto un po’ su questa storia drammatica di un amico che sta arrivando. Poiché la sua famiglia è stata decimata dall’Ebola, e non gli è rimasto nessuno, ha deciso di andare in Algeria. A Gao, i cosiddetti banditi ribelli lo hanno derubato. Là ha lavorato, ha imparato un mestiere, diventando piastrellista. È poi caduto dal 7° piano di un edificio in costruzione. Arriva in Niger con una stampella, ed è davvero drammatico. Ma cosa ha spinto questa persona ad emigrare? È stata la situazione della sua famiglia. Mi ha detto: ho degli amici che, tramite Facebook, mi hanno detto che in Algeria si trova lavoro. Si è vero, lo si trova, ma a quale condizione? A condizione di nascondersi e di vivere in maniera clandestina, perché se ti beccano per strada ti mandano via. Ogni settimana migliaia di persone vengono respinte.

L’Éclosion: L’Italia, il suo paese, è molto coinvolta nella lotta contro la cosiddetta immigrazione clandestina, perché?

Mauro Armanino: Ci sono due motivi: il primo motivo è legato alla politica nazionale, perché per anni l’opinione pubblica è stata tempestata di stereotipi sui migranti che rubano e sono lì per sfruttare il paese. Quindi c’è stata questa trasformazione della visione.

Nei secoli, ci furono qualcosa come 38 milioni di italiani che partirono per andare negli Stati Uniti, in Germania, in Svizzera, dove c’erano ristoranti che esponevano questa frase: “Niente cani e niente italiani”. Quindi, questo è il contesto che abbiamo creato.

C’è anche la politica dell’Unione Europea: ha abbandonato l’Italia, che si è trovata spesso sola ad accogliere migliaia di persone senza la solidarietà degli altri paesi europei. E questa è una situazione che contraddice la stessa ragion d’essere dell’Unione Europea.

Ma ci sono anche delle ambiguità. Da un lato, gli imprenditori hanno bisogno di lavoratori. E così a loro piace la migrazione, ma a condizione che non essa non disturbi troppo e a condizione che siano un po’ come degli schiavi.

E soprattutto nel sud dell’Italia, dove si lavora nei campi. Là trovi dei migranti che sono in condizioni di vita che nessun italiano sarebbe in grado di accettare. Dunque, in realtà, l’economia ha bisogno della migrazione, la politica deve tenere conto dell’economia, ed è per questo che viviamo in questa perpetua ambiguità.

Inoltre, e per concludere, viviamo in quello che si chiama l’inverno demografico, dove i morti superano da tempo i vivi. In prospettiva, ci sarà una diminuzione della popolazione che sta invecchiando e che non sarà in grado di soddisfare le esigenze dell’industria, dell’agricoltura e di altri settori. Così stiamo vivendo questa duplicità.

Abbiamo bisogno dei migranti da un punto di vista economico e sociologico, ma da un punto di vista politico, si additano i migranti come una malattia che deve essere tenuta lontana a tutti i costi.

E a volte ci sono degli scioperi in Italia, che chiamano “un giorno senza di noi”: quel giorno dire che tutti i migranti hanno fatto sciopero ed è il paese che si è fermato. Perché nelle case di cura, in alcuni ristoranti, nei campi coltivati, ci lavorano i migranti e sono indispensabili.

L’Éclosion: Una notizia di attualità: una manifestazione si è appena tenuta in Germania contro l’espulsione dei migranti dall’Algeria al Niger. Qual è il suo commento?

Mauro Armanino: Sono scandalizzato da molto tempo e ho anche scritto più volte sull’atteggiamento dell’Unione Africana che è troppo compiacente quando si tratta di difendere la causa dei migranti. Penso che ogni paese abbia il diritto, da un certo punto di vista, di gestire la sua politica migratoria. Ma questo non può andare contro i diritti umani.

Quindi c’è un principio di base che deve sottostare. E su questo, trovo che tutti sono molto timidi, troppo timidi nei confronti dell’Algeria.

So che tra il Niger e l’Algeria ci sono stati accordi di rimpatrio più o meno segreti o semi-ufficiali, e abbiamo anche dovuto protestare perché, insieme ai nigerini, vengono espulse anche persone di altre nazionalità: ma sono esseri umani come noi. Quale peccato hanno commesso, quello di cercare un futuro diverso che non hanno da loro? E quando sono in Algeria, sono spesso sfruttati nei cantieri e altrove. Perciò sono sorpreso che qui in Niger siamo stati zitti per troppo tempo. E purtroppo abbiamo altri interessi e non siamo troppo sensibili verso questi migranti.

L’Éclosion: SIgnor Mauro, secondo lei, il calo del flusso migratorio proseguirà come è oggi la tendenza, o alla fine il flusso si rialzerà?

Mauro Armanino: Vivere è migrare, e migrare è vivere! Nel mondo, abbiamo più o meno le stesse percentuali di migrazione da lungo tempo, e non sono enormi. E se si guarda, sono più o meno 270 milioni i migranti nel mondo: è un numero importante, ma non dobbiamo dimenticare che ora siamo più di 7 miliardi.

Penso che occorra sempre uno slancio di umanità, per ricordarci di un fatto fondamentale: vivere è migrare e non sappiamo che cosa saremo domani. Quindi abbiamo tutto l’interesse a ricevere bene chi arriva tra di noi, perché, forse, un giorno avremo anche noi bisogno di qualcuno che ci accolga.

L’Éclosion: Signor Mauro Armanino, grazie!

Questa intervista è stata realizzata nell’ambito del progetto “Rendere autonomi i giovani in Africa per mezzo dei media e della comunicazione”, realizzato dall’UNESCO in 8 paesi dell’Africa occidentale e centrale, con il sostegno finanziario dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS) attraverso il ‘Fondo Africa’ del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI)

L’Eclosion, Settimanale nigerino di informazioni e analisi, n. 190 del 27 luglio 2021

La pagina di L’Eclosion con l’intervista originale