In Liberia, il lungo periodo di disordini politici e incertezze, la crisi civile, religiosa ed etnica ha infranto a lungo il sogno di libertà dei giovani. Ora, grazie alla recente transizione politica pacifica, il 22 gennaio 2018 è stato eletto Presidente della Repubblica l’ex campione di calcio George M. Weah: si è così riacceso un sogno e i giovani hanno nuovi obiettivi e nuove sfide.

La campagna del presidente Weah è stata prevalentemente orientata verso i giovani e ha suscitato una nuova speranza in molti cittadini, specialmente i “zogos”, i ragazzi di strada. Weah è stato da loro, ha parlato la loro lingua, il “pidgin”,,  l’inglese colloquiale; si è seduto con loro e ha mangiato con loro, ha promesso di essere loro amico perché ha capito le loro sofferenze. Si è fatto uno di loro.

Ha capito che l’atteggiamento dei giovani nei confronti della società potrebbe cambiare solo se la società cambia con loro. I giovani liberiani volevano qualcuno che potesse considerarli e rispettarli come esseri umani. Questo nuovo impatto sta restituendo al Paese quel sogno perduto di libertà sancito dalla Dichiarazione di Indipendenza firmata a Monrovia il 26 luglio 1847.

Durante il suo primo discorso alla Nazione, il neo-eletto presidente ha invitato il Senato a considerare la possibilità di istituire la “doppia cittadinanza”. Molti liberiani, infatti, vivono all’estero, hanno una buona istruzione e sono ben integrati anche in altri Paesi. L’idea potrebbe favorire il ritorno di molti e contribuire alla costruzione del Paese. Grazie alle recenti elezioni del presidente George Weah e alla transizione pacifica monitorata dal suo predecessore, Helen Johnson Sirleaf, la Liberia è pronta a camminare verso il futuro

La popolazione liberiana è molto giovane e con un alto tasso di fertilità adolescenziale. L’età media è 18,3 anni e il tasso di fertilità è di circa 5 bambini per donna. Più del 60% della popolazione ha meno di 25 anni, il 43,8% è compreso nella fascia 0-14 anni. Attualmente il Paese registra 4,8 milioni di abitanti, 16 gruppi etnici indigeni e diverse minoranze (Americo-Liberiani, Congo, Libanesi, Indiani e alcuni cittadini dell’Africa occidentale). I gruppi indigeni rappresentano il 95% della popolazione.

Molti combattenti ex ribelli sono ancora nelle strade, in cambio del disarmo hanno ricevuto pochi dollari e si sono ritrovati a mendicare. La maggior parte di loro fa uso di droga: costituiscono una minaccia per la sicurezza e sono gruppi facili da manipolare. Le attuali statistiche registrano circa 50 mila tossicodipendenti a Monrovia.

L’obiettivo quotidiano di molti giovani resta quello di trovare cibo per sfamarsi. Molti vivono alla giornata e se possono lasciare il Paese non esitano a farlo, anche se finiscono nei campi profughi. Le organizzazioni non governative, come pure la comunità internazionale e vari istituti religiosi, hanno sì svolto un ruolo importante nella ricostruzione del Paese, ma allo stesso tempo con la loro presenza hanno favorito una cultura della dipendenza.

Quanti sono nati nei campi profughi hanno difficoltà a guadagnarsi da vivere lavorando. Manca un vero e proprio senso di appartenenza, la gente finora non ha partecipato allo sviluppo e alla tutela del proprio paese. Nella nuova fase politica e sociale i giovani vogliono tornare ad essere protagonisti dello sviluppo e del futuro della nazione.

P. Firmin Kouassi, SMA,
Commissione “Giustizia e Pace,
Monrovia (Liberia)

Foto: lindro.it